PAOLO VI, LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO, SACRUM DIACONATUS

29.05.2014 19:15
PAOLO VI 
LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO 

SACRUM DIACONATUS 

VENGONO IMPARTITE NORME PER IL RISTABILIMENTO DEL DIACONATO 

PERMANENTE NELLA CHIESA LATINA 

 

Fin dal tempo degli Apostoli, la Chiesa cattolica ebbe in gran venerazione l'ordine sacro del 

diaconato, come ne fa fede lo stesso san Paolo il quale espressamente porge il suo saluto oltre che ai 

vescovi anche ai diaconi (Cf Fil 1,1) e a Timoteo insegna quali virtù e pregi si richiedono in essi 

perché siano ritenuti degni del loro ministero (Cf 1 Tm 3,8-13). 

Inoltre, il Concilio Ecumenico Vaticano II, nel rispetto di tale antichissima tradizione, rese attestato 

d'onore al diaconato nella Costituzione Lumen Gentium, laddove, dopo essersi occupato dei vescovi 

e dei sacerdoti, espresse l'elogio anche del terzo grado dell'ordine sacro, mettendone in luce la 

dignità ed enumerandone le finzioni. Il Concilio, invero, ben riconoscendo, da un lato, come tali 

uffici, necessarissimi alla vita della Chiesa, difficilmente, in non pochi paesi, possano essere 

esercitati, attesa la disciplina vigente nella Chiesa latina e, d'altra parte, bramando di provvedere 

meglio a cosa di così grande interesse, sapientemente decretò che si potesse in futuro ristabilire il 

diaconato quale proprio e permanente grado della gerarchia (Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. 

sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 29: AAS 57 (1965), p. 36). 

Benché, infatti, soprattutto nei territori di missione, usualmente vengano affidati a laici non pochi 

uffici diaconati, tuttavia, è bene che quanti esercitano davvero il ministero diaconale siano 

fortificati e più strettamente associati all'altare mediante l'imposizione delle mani, che è tradizione 

apostolica, affinché più efficacemente essi adempiano, in virtù della grazia sacramentale del 

diaconato, il proprio ministero (CONC. VAT. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad 

gentes, n. 16: ØS 58 (1966), p. 967). In tal modo, sarà ottimamente chiarita la natura propria di 

questo Ordine che non deve essere considerato come un puro e semplice grado di accesso al 

sacerdozio; esso, insigne per l'indelebile carattere e la particolare sua grazia, di tanto si arricchisce 

che coloro i quali vi sono chiamati possono in maniera stabile dedicarsi ai ministeri di Cristo e della 

Chiesa (Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 41: AAS 57 (1965), p. 

46). 

Ancorché il diaconato permanente non necessariamente in tutta la Chiesa latina debba essere 

instaurato, dal momento che spetta alle competenti Conferenze Episcopali nazionali, con 

l'approvazione del Sommo Pontefice, decidere se e dove sia opportuno istituire, per la cura delle 

anime, tale specie di diaconi (Ibid., n. 29: AAS 57 (1965), p. 36), tuttavia, giudichiamo non soltanto 

opportuno, ma anche indispensabile che si pubblichino delle norme ben determinate per 

l'adattamento della vigente disciplina ai nuovi insegnamenti del Concilio Ecumenico e per la 

determinazione di giuste condizioni per mezzo delle quali non soltanto venga opportunamente 

ordinato il ministero diaconale, ma la preparazione stessa dei candidati corrisponda più 

adeguatamente alle varie loro condizioni di vita, ai loro comuni uffici, alla sacra dignità. 

Prima di tutto, quindi, se non si sarà provveduto altrimenti, confermiamo e dichiariamo valido 

anche per quelli che permarranno stabilmente nel diaconato quanto è stabilito nel CIC circa i diritti e i doveri dei diaconi, siano, tali diritti e doveri, comuni a tutti i chierici, siano loro propri. Per i 

diaconi, inoltre, stabiliamo quanto segue. 

1. È compito delle legittime Assemblee dei Vescovi o Conferenze episcopali, deliberare, 

consentendolo il Sommo Pontefice, se e dove, in vista del bene dei fedeli, sia da istituire il 

diaconato come proprio e permanente grado della Gerarchia. 

2. Nel chiedere alla Sede Apostolica l'approvazione si devono dichiarare sia i motivi che inducono a 

disporre, per un determinato paese, tale nuova disciplina, sia le circostanze che diano speranza di 

buon esito; similmente si dovrà indicare il modo di attuazione della nuova disciplina, se, cioè, si 

tratti di conferire il diaconato a giovani idonei, per i quali... la legge del celibato deve restare 

valida, oppure a uomini di età più matura, anche coniugati, o infine, a persone appartenenti ad 

ambedue le specie di candidati. 

3. Ottenuta l'approvazione della Sede Apostolica, è in potere di ciascun Ordinario, nell'ambito della 

propria giurisdizione, approvare e ordinare i candidati, a meno che non si tratti di casi particolari 

eccedenti tale sua facoltà. 

Nel comporre la relazione sullo stato della propria diocesi, gli Ordinari facciano menzione della 

disciplina diaconale ivi instaurata. 

II 

4. Per legge della Chiesa, confermata dallo stesso Concilio Ecumenico, coloro che da giovani sono 

chiamati al diaconato sono obbligati ad osservare la legge del celibato. 

5. Il diaconato permanente non si conferisca prima del compimento del venticinquesimo anno di 

età; tuttavia, un'età maggiore potrà essere richiesta dalle Conferenze Episcopali. 

6. I giovani candidati all'ufficio diaconale vengano accolti in uno speciale Istituto ove siano messi 

alla prova, educati a vivere una vita veramente evangelica e preparati a svolgere utilmente le proprie 

specifiche funzioni. 

7. Per la fondazione di un tale Istituto, i Vescovi dello stesso paese o, se sarà necessario, anche di 

più paesi, secondo la diversità delle circostanze, uniscano i loro sforzi. Scelgano, quindi, per la 

guida di esso, superiori particolarmente idonei e stabiliscano accuratissime norme relative alla 

disciplina ed all'ordinamento degli studi, osservando le seguenti prescrizioni. 

8. Siano ammessi al tirocinio diaconale soltanto quei giovani che abbiano manifestato una naturale 

propensione dello spirito al servizio della sacra Gerarchia e della comunità cristiana e che abbiano 

acquisito un patrimonio dottrinale sufficientemente ricco in ragione delle consuetudini ambientali e 

locali e conformemente ad esse. 

9. Il vero e proprio tirocinio diaconale si protragga almeno per durata di tre anni; l'ordine degli 

studi, inoltre, sia regolato in modo che i candidati a grado a grado, progressivamente, vengano 

disposti ad attendere con perizia ed utilità ai vari uffici diaconali. Nel suo complesso, poi, il ciclo 

degli studi potrà essere ordinato in modo tale che nel corso dell'ultimo anno venga data una 

specifica preparazione ai diversi uffici ai quali i diaconi, di preferenza, attenderanno. 10. A ciò si aggiungano le esercitazioni pratiche riguardanti l'insegnamento degli elementi della 

religione cristiana ai fanciulli ed agli altri fedeli, la divulgazione e la direzione del canto sacro, la 

lettura dei libri divini della Scrittura nelle assemblee dei fedeli, la predicazione e l'esortazione al 

popolo, l'amministrazione dei sacramenti che competono ai diaconi, la visita agli ammalati e, in 

genere, l'adempimento di quei servizi che ad essi possono essere commessi. 

III 

11. Possono essere chiamati al diaconato uomini di età più matura, sia celibi che congiunti in 

matrimonio; questi ultimi, però, non siano ammessi se prima non consti non soltanto del consenso 

della moglie, ma anche della sua cristiana probità e della presenza in lei di naturali qualità che non 

siano di impedimento né di disdoro per il ministero del marito. 

12. La suddetta età si raggiunge, come limite inferiore, al compiersi del trentacinquesimo anno; 

tuttavia, essa è da intendersi nel senso che nessuno può essere chiamato al diaconato senza aver 

prima ottenuto la stima del clero e dei fedeli con il diuturno esempio di una vita veramente cristiana, 

con l'integrità dei costumi e l'indole incline al servizio. 

13. Quando si tratti di uomini coniugati, occorre fare attenzione a che siano promossi al diaconato 

quanti, già da molti anni vivendo in matrimonio, abbiano dimostrato di saper dirigere la propria 

casa ed abbiano moglie e figli che conducano una vita veramente cristiana e si distinguano per 

l'onesta reputazione (Cf 1 Tm 3,10-12). 

14. È auspicabile che anche tali diaconi siano provvisti di non mediocre dottrina, secondo quanto è 

stato detto ai nn. 8, 9, 10, o che almeno essi abbiano credito per quella preparazione intellettuale 

che, a giudizio della Conferenza episcopale, sarà loro indispensabile per il compimento delle 

proprie specifiche funzioni. Siano perciò ammessi, per un certo tempo, in uno speciale Istituto ove 

possano apprendere tutto ciò di cui avranno bisogno per attendere degnamente all'ufficio diaconale. 

15. Che se ciò non possa farsi, l'aspirante venga affidato per l'educazione a qualche sacerdote di 

eminente virtù che si prenda cura di lui, lo istruisca e possa testimoniare, quindi, della di lui 

prudenza e maturità. Sempre ed attentamente, però, occorre vigilare affinché soltanto uomini idonei 

e sperimentati siano annoverati nel sacro ordine. 

16. Ricevuta l'ordinazione, i diaconi, anche quelli promossi in età più matura, sono inabili a 

contrarre matrimonio in virtù della tradizionale disciplina ecclesiastica. 

17. Si badi che i diaconi non esercitino arti o professioni che, a giudizio dell'Ordinario del luogo, 

non convengano loro o impediscano il fruttuoso esercizio del sacro ministero. 

IV 

18. Qualunque diacono, che non sia membro professo di qualche famiglia religiosa, deve essere 

regolarmente iscritto a una diocesi. 

19. Le norme vigenti circa la doverosa sollecitudine per il congruo sostentamento dei sacerdoti e per 

la garanzia in loro favore delle cosiddette assicurazioni sociali, devono essere osservate anche per i 

diaconi stabilmente costituiti, tenuto conto altresì della famiglia di quanti, tra essi, vivono congiunti 

in matrimonio, e in armonia con il contenuto dell'art. 21 della presente Lettera. 20. Sarà compito della Conferenza episcopale emanare norme determinate, relative all'onesto 

sostentamento del diacono e della sua famiglia, se unito in matrimonio, secondo le diverse 

circostanze di tempo e di luogo. 

21. I diaconi che esercitano una professione civile devono provvedere, per quanto possibile, alle 

necessità proprie e della propria famiglia con gli utili da essa derivanti. 

22. A norma della citata Costituzione del Concilio Vaticano II, spetta al diacono, secondo che 

l'Ordinario del luogo gli abbia commesso di attendere a tali funzioni: 

1) assistere, durante le azioni liturgiche, il vescovo ed il sacerdote per tutto ciò che, secondo le 

prescrizioni dei diversi libri rituali, gli compete; 

2) amministrare solennemente il battesimo e supplire alle cerimonie eventualmente omesse nel 

conferimento di esso ai bambini e agli adulti; 

3) conservare l'Eucaristia, distribuirla a sé e agli altri, portarla come viatico ai moribondi e impartire 

al popolo con la sacra pisside la cosiddetta benedizione eucaristica; 

4) assistere ai matrimoni e benedirli, in nome della Chiesa, per delega del vescovo o del parroco, 

qualora manchi il sacerdote, nel rispetto di quanto stabilito nel CIC (Cf cann. 1095 § 2 e 1096) e 

valido restando il canone 1098 le cui prescrizioni, in ciò che si riferisce al sacerdote, devono 

ritenersi estese anche al diacono; 

5) amministrare i sacramentali, presiedere ai riti funebri e di sepoltura; 

6) leggere ai fedeli i divini libri della Scrittura e istruire e animare il popolo; 

7) presiedere ai servizi del culto e alle preghiere ove non sia presente il sacerdote; 

8) dirigere le celebrazioni della parola di Dio, soprattutto quando manchi il sacerdote; 

9) esercitare, in nome della Gerarchia, i doveri della carità e dell'amministrazione, nonché le opere 

di servizio sociale; 

10) guidare legittimamente, in nome del parroco e del vescovo, comunità cristiane disperse; 

11) promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici. 

23. Tutte queste funzioni devono essere compiute in perfetta comunione con il vescovo e con il suo 

presbiterio, cioè sotto l'autorità del vescovo e del sacerdote che, nel territorio, presiedono alla cura 

delle anime. 

24. I diaconi, per quanto possibile, siano ammessi a far parte dei Consigli Pastorali. 

VI 

25. I diaconi, come quelli che si dedicano ai misteri di Cristo e della Chiesa, si astengano da 

qualsiasi cattiva abitudine e procurino di essere sempre graditi a Dio, pronti a qualunque opera buona (Cf 2 Tm 2,21) per la salvezza degli uomini. A motivo, dunque, dell'ordine ricevuto, essi 

devono superare di gran lunga tutti gli altri nella pratica della vita liturgica, nell'amore alla 

preghiera, nel servizio divino, nell'esercizio dell'obbedienza, della carità e della castità. 

26. Sarà compito della Conferenza episcopale stabilire più efficaci norme per alimentare la vita 

spirituale dei diaconi, siano essi celibi o viventi nel matrimonio. Procurino, però, gli Ordinari che 

tutti i diaconi: 

1) si dedichino assiduamente alla lettura e all'intima meditazione della parola di Dio; 

2) spesso, o anche ogni giorno, partecipino attivamente al sacrificio della Messa, si ristorino 

spiritualmente con il sacramento della SS. Eucaristia e ad esso devotamente rendano visita; 

3) purifichino frequentemente la propria anima con il sacramento della Penitenza e, al fine di 

riceverlo più degnamente, ogni giorno esaminino la propria coscienza; 

4) con intenso esercizio di filiale pietà venerino e amino la Vergine Maria, Madre di Dio. 

27. È cosa sommamente conveniente che i diaconi stabilmente costituiti recitino ogni giorno almeno 

una parte dell'Ufficio divino, da stabilirsi dalla Conferenza episcopale. 

28. I diaconi diocesani, almeno ogni due anni, devono attendere agli esercizi spirituali in una 

qualche casa religiosa o pia opera designata dall'Ordinario. 

29. I diaconi non interrompano gli studi, particolarmente quelli sacri; leggano assiduamente i libri 

divini della Scrittura; si dedichino all'apprendimento delle discipline ecclesiastiche in modo da 

poter rettamente esporre agli altri la dottrina cattolica e divenire sempre più capaci di istruire e 

rafforzare gli animi dei fedeli. A tal fine, i diaconi siano invitati a partecipare ai convegni periodici 

in cui vengono affrontati e trattati problemi relativi alla loro vita ed al sacro ministero. 

30. I diaconi, a motivo della particolare natura del ministero loro connesso, devono professare al 

vescovo riverenza ed obbedienza; i vescovi, da parte loro, stimino assai nel Signore questi ministri 

del popolo di Dio e li seguano con paterno affetto. Se un diacono, per giusti motivi, si stabilisce 

temporaneamente fuori della propria diocesi, volentieri procuri di sottomettersi alla vigilanza e 

all'autorità dell'Ordinario del luogo per tutto ciò che riguarda i doveri e le funzioni propri dello stato 

diaconale (DIRITTO ORIENTALE, De Personis, can 87: AAS 49 (1957), p. 462). 

31. Quanto all'abito, dovrà rispettarsi la consuetudine locale, conformemente alle norme prestabilite 

dalla Conferenza episcopale. 

VII 

32. Istituire il diaconato permanente tra i religiosi è diritto riservato alla Santa Sede, alla quale 

soltanto spetta di esaminare e approvare i voti dei Capitoli Generali in materia. 

33. I diaconi religiosi esercitano il ministero diaconale sotto l'autorità del vescovo e dei propri 

superiori, secondo le norme vigenti per i religiosi sacerdoti; essi devono sottostare, inoltre, alle 

leggi da cui risultano vincolati gli altri membri della famiglia religiosa. 34. Il diacono religioso, stabilmente o temporaneamente dimorante in un territorio in cui non sia in 

vigore la disciplina del diaconato permanente, non eserciti le funzioni diaconali, se non con il 

consenso dell'Ordinario del luogo. 

35. Quanto si è detto dei religiosi nei nn. 32-34, deve pure intendersi come riferito anche ai membri 

degli altri istituti che professano i consigli evangelici. 

VIII 

36. Per quanto riguarda il rito da seguirsi nel conferimento del sacro Ordine del diaconato e gli 

Ordini che ad esso si fanno precedere, si osservi la disciplina tuttora vigente, finché dalla Santa 

Sede non venga modificata. 

Infine, esaurita la comunicazione delle presenti norme, un auspicio sgorga spontaneo dall'animo 

Nostro: i diaconi, cioè, nell'adempimento delle loro difficili mansioni nelle particolari circostanze di 

questo nostro tempo, seguano gli illustri esempi che noi loro proponiamo: il protomartire santo 

Stefano che, come afferma sant'Ireneo, per primo fu scelto dagli Apostoli per il servizio (Adv. 

Haereses, IV, 15, 1: PG 7, 1013), e san Lorenzo Romano, che eccelleva su tutti distinguendosi non 

soltanto nell'amministrazione dei sacramenti ma anche nella gestione del patrimonio ecclesiastico 

(S. LEONE MAGNO, Serm. 85: PL 54, 436). 

Ordiniamo, poi, che quanto è stato da Noi stabilito con la presente Lettera data in forma di motu 

proprio resti fermo e valido nonostante qualsiasi altra disposizione in contrario. 

Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 giugno, festa di sant'Efrem siro, diacono, nell'anno 1967, 

quarto del Nostro Pontificato.